Case Vere / Real Homes
Non è possibile parlare delle case del presente e del futuro senza volgere lo sguardo al passato. Quest’ultimo, infatti, influenza ancora oggi sia la vita quotidiana che lo spazio domestico. Nemmeno la pandemia sembra aver intaccato i principi base del nostro vivere, ed i muri reali e simbolici delle nostre case – che hanno sinora protetto stili di vita, ruoli di genere e sociali – restano in piedi a dividere le stanze delle abitazioni, impossibili da abbattere. Il ritorno graduale verso il lavoro in presenza spegne l’ultimo barlume di cambiamento, quello che ci aveva proiettati verso uno spazio di vita e lavoro ibrido, per tornare a ritrarci nei nostri gusci della memoria, quegli astucci di velluto che – come ha menzionato Walter Benjamin nella sua celebre opera incompiuta sui “Passages” di Parigi – ci calzano a pannello perché modellati sulla nostra figura.
Fuori da questo astuccio anche i progettisti più sensibili sembrano dimenticarsi di essere abitanti, ma se prima di guardare il foglio si fermassero ad osservare le case vere si renderebbero conto di una realtà che i sociologi hanno svelato da tempo: la casa è un luogo fisico e simbolico nel quale si depositano oggetti che rappresentano legami effettivi, status, la propria immagine di sé e l’aderenza ad un gruppo sociale o ad un credo. Come scriveva il sociologo Pierre Bourdieu nel suo libro sulla distinzione, sia gli abitanti meno attenti che i professionisti più esperti finiscono sempre per adattare il proprio gusto a questi elementi, spesso frutto di ciò che hanno ereditato dalle proprie famiglie. Tutto questo informa le scelte estetiche e di arredamento che vengono compiute negli interni domestici.
Qualcuno più di altri sembra aver dimostrato sensibilità nei confronti di questo tema. Ugo La Pietra è sempre stato molto attento alle dinamiche dell’abitare e sembra aver colto pienamente la lezione dei sociologi. Nel suo libro Città Domestica (Plectica Editrice, 2021), appena pubblicato nella collana “Stanze” [link], ha infatti scritto che “l’immaginazione, strumento determinante per poter superare ciò che di fisico e materiale ci viene imposto” incluso, appunto, lo spazio domestico “si atrofizza, per cui ogni sforzo di superare o alterare lo spazio in cui viviamo non va al di là di una semplice interpolazione o sostituzione di cose ritenute più aderenti al modello di vita e di società a cui crediamo di appartenere o a cui vorremmo appartenere.” I limiti inconsci che sembriamo porci sono dunque molto chiari: da una parte rischiano di limitare l’immaginazione, che permette di catturare l’eccezionale e di tradurre il cambiamento, dall’altra ci impediscono di abbattere i muri visibili ed invisibili sopracitati.
Uno fra tutti fa da ostacolo all’avanzamento verso il futuro della progettazione ed arredamento degli interni e, più in generale, della società. Si tratta del muro reale e simbolico fra soggiorno e cucina, un elemento spaziale che ancora oggi, troppo spesso, separa le donne da tutto il resto. La struttura famigliare tradizionale è frutto proprio di quella eredità menzionata da Bourdieu e, come un mobile antico appartenuto ad un genitore o ad un nonno, mantiene la casa ancorata al passato. Allo stesso modo trattiene le donne nello spazio domestico, ed oltre alla questione delle faccende di casa (che restano comunque prerogativa femminile) investe l’uso, l’appropriazione e la decorazione degli interni.
Numerosi sociologi affermano infatti che la casa è lo spazio femminile per eccellenza, e gli ultimi vincitori del premio Pritzker Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal non hanno fatto altro che svelarlo al pubblico. I loro progetti di ampliamento degli alloggi del dopoguerra Francesi, tra cui il progetto di Grand Parc a Bourdeaux, prevedono l’abbattimento di muri e documentano senza giudizio proprio quelle case reali che vengono spesso ignorate. Queste ultime sono entrate per la prima volta in siti web e riviste di architettura grazie alla celebre coppia di architetti, dimostrando non solamente che gli interni ordinari riflettono il gusto femminile, ma che sono anche valevoli della nostra attenzione. Il loro atteggiamento progettuale sembra inoltre integrare le riflessioni di La Pietra poiché allo stesso tempo rispetta il bisogno di appartenenza degli abitanti e lascia spazio all’immaginazione, trovando una sintesi tra le scienze sociali e la progettazione architettonica che, non a caso, è valsa alla coppia francese il premio più ambito e prestigioso di tutti.
ENG:
It is not possible to talk about the present and future of living without looking back. The past, in fact, still influences both daily life and the domestic space. Not even the pandemic seems to have affected the basic principles of our everyday life, and both real and symbolic walls of our homes - which have so far protected lifestyles, gender, and social roles - stand still and keep dividing the rooms of houses, impossible to tear down. The gradual return to post-pandemic scenarios extinguishes the last glimmer of change, the one that had projected us towards a hybrid space of life and work, bringing us back to our memory shells, those velvet cases that - as Walter Benjamin mentioned in his famous unfinished work on the “Passages” in Paris - fit us perfectly because they are modeled on our own figure.
Outside this case even the most sensitive designers seem to forget that they are inhabitants, but if before looking at the sheet of paper they stopped to observe real houses they would realize a reality that sociologists have revealed long ago: the house is a physical and symbolic space in which objects are deposited. They represent effective bonds, status, one's self-image and adherence to a social group or creed. As sociologist Pierre Bourdieu wrote in his book on distinction, both the less attentive inhabitants and the more experienced professionals always end up adapting their taste to these elements, often inherited from their families. All this informs the aesthetic and decoration choices that are made inside domestic interiors.
Someone more than others seems to have shown sensitivity towards this issue. Ugo La Pietra has always been very attentive to the dynamics of living and seems to have fully grasped the lesson of sociologists. In his book Domestic City (Plectica Editrice, 2021), just published in the series "Stanze" [link], he wrote that "imagination, a crucial tool to oppose what which is physically and materially imposed on us" including, indeed , the domestic space "is degenerating to an extent that every effort to assimilate or change the space in which we live does not go beyond a superficial interpolation or substitution of things. The aim would be to facilitate the model of life and society that we believe we belong to or that we would like to belong to. " The unconscious limits that we seem to set ourselves are therefore very clear: on the one hand they risk limiting imagination, which allows us to capture the exceptional and translate change, on the other, they prevent us from breaking down the aforementioned visible and invisible walls.
One of them is an obstacle to progress towards the future of interior design and furnishing and, more generally, of society. In Italy, it is the real and symbolic wall between the living room and the kitchen, a spatial element that still too often separates women from everything else. The traditional family structure is the result of that inheritance mentioned by Bourdieu and, like an antique piece of furniture that belonged to a parent or grandfather, keeps the house anchored to the past. In the same way it keeps women in the domestic space, and in addition to the issue of housework (which still remain a female prerogative) it affects the use, appropriation and decoration of interiors.
Numerous sociologists affirm that the home is the feminine space par excellence, and the latest Pritzker Prize winners Anne Lacaton and Jean-Philippe Vassal have done nothing but reveal it to the public. Their post-war French housing extension projects, including the Grand Parc project in Bourdeaux, involve tearing down walls and documenting without judgment those real houses that are often ignored. The latter entered websites and architecture magazines for the first time thanks to the famous couple of architects, demonstrating not only that ordinary interiors reflect feminine taste, but that they are also worthy of our attention. Their design attitude also seems to integrate the reflections of La Pietra since at the same time respects the inhabitants' need of belonging and leaves room for the imagination, finding a synthesis between the social sciences and architectural design which, not surprisingly, has earned the French couple the most coveted and prestigious award of all.